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Jason:
 — […] Per qualche misterioso motivo l’Assoluto ha stabilito che il sacrificio sia il senso della vita, anzi la stessa carne della vita. Se il sacrificio è il rito con cui il sacrificante rende grazie alla divinità, immolando la vittima, per i doni che ha ottenuto o richiesto, ebbene la vita nella sua interezza è un rito sacrificale che unisce sacrificante, vittima e oggetto del sacrificio. Il sacrificante è il Sé, la consapevolezza assoluta che, priva di un Io, non avrebbe alcunché di cui essere consapevole. La vita nasce nel momento in cui l’Assoluto dota il Sé dell’Io: un dono, il dono della vita, appunto: ma come tutti i doni richiede qualcosa in cambio. E ciò che viene dato in cambio è la vita stessa. Se il Sé è il sacrificante, quel medesimo Io che costituisce il dono, l’oggetto per cui si attua il sacrificio, costituisce anche la vittima. Quel che si dà in cambio del dono della vita, è la qualità della vita stessa: la vita si paga con la mortificazione di avere un corpo di cui sei schiavo, con la frustrazione di una mente dotata di una capacità di desiderare esperienze mille e mille volte più grande della possibilità fisica di vivere quelle esperienze. Capisci quel che voglio dire: ad esempio, desiderare di leggere tutti i libri che l’umanità ha scritto, e sapere che se anche potessi leggere ogni secondo della mia vita, dalla nascita alla morte, una pagina con un occhio e un’altra pagina con l’altro occhio, ebbene ciò che riuscirei a leggere non sarebbe che un frammento infinitesimo del tutto… Questa è la vita […].