^^^^

“ Per Isaac Newton è una dimensione assoluta: una scala graduata e universale incisa nel titanio, lungo la quale si collocano gli eventi. Per Albert Einstein è la quarta dimensione di uno spazio elastico inseparabile dall’evento: materia fluida che si deforma, gli orologi molli di Salvador Dalì. Per Sant’Agostino è una dimensione interiore, ineffabile: «Se non me lo chiedi, so cos’è; se me lo chiedi, allora non lo so più».

 “ Vi sono molti tempi, come ci ricorda anche il simbolismo del
Giano bifronte: dei due volti contrapposti, uno guarda al passato che non è più, l’altro guarda al futuro che non è ancora. Ci si può domandare allora quale sia il vero volto di Giano. Nessuno dei due, ovviamente: vi è infatti un terzo volto che guarda il presente, invisibile, così come il presente, nella manifestazione temporale, non è che un istante inafferrabile. Qui si racchiudono raffinatezza e malinconia del pensiero classico sul tema del tempo: al pari di Giano − Signore del triplice tempo − l'uomo occidentale volge uno sguardo nostalgico al passato, uno sguardo fiducioso al futuro, ma il vero sguardo, quello rivolto al presente, si dissolve nello struggimento dell'attimo che fugge inesorabile.

 “ Non diversamente, nella tradizione indù il terzo volto di Giano corrisponde all'occhio frontale di Shiva, anch'esso invisibile, poiché non rappresentato da nessun organo corporeo: se gli occhi sensibili costituiscono il senso della realtà contingente in perenne divenire, l'occhio frontale raffigura il senso dell’infinito immobile nell'eternità. Si dice che uno sguardo di questo terzo occhio riduca tutto in cenere: distruzione, o meglio trasformazione incessante di ciò che è manifesto, pura illusione,
Maya, rispetto all’Assoluto. Ma anche la trasformazione è apparente: la successione si tramuta in simultaneità, nell’eterno presente tutto è già stato creato, tutto è già avvenuto. In questo senso il simbolismo di Shiva, Signore dell'eternità, ci riporta a Cristo: «Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine». Al pari di Shiva, l'uomo orientale volge uno sguardo distaccato al passato, uno sguardo disinteressato al futuro, ma il vero sguardo, quello rivolto al presente, si dissolve nell'eternità che tutto comprende.

 “ Qui sta la differenza fra Oriente e Occidente.

 “ Tuttavia la suddivisione del tempo in passato, presente e futuro, che a noi eredi della cultura greco-romana pare così immediata, e perfino banale, non è invece altrettanto scontata presso altri popoli della Terra. Non è raro infatti che manchi uno dei tre termini.

 “ Vi sono popoli che ignorano il futuro: si può citare l'esempio di una sperduta tribù dell'Africa sub-sahariana la cui sopravvivenza − costantemente minacciata da guerre, carestie, epidemie − da sempre è così incerta che si è finito per perdere la necessità o semplicemente l’abitudine di riferirsi all’avvenire. Nella lingua di questa tribù non esiste la parola ‘domani’, e sono praticamente cadute in disuso le forme verbali che servono alla rappresentazione di azioni future. A dire il vero, alcune espressioni sono rimaste, frammenti superstiti di tempi migliori:
«Patirò sempre la fame» e «Forse domani i miei figli moriranno» sono casi esemplari di espressioni arcaiche divenute ormai proverbiali. D’altra parte, la letteratura medica ha reso celebre il caso clinico di Pablo Mesquiño, immigrato portoricano a New York, disoccupato, divorato dai debiti e dalla fame, al quale pare non riuscisse di coniugare i verbi al futuro.

 “ Vi sono popoli, invece, che preferiscono ignorare il passato, depositario delle memorie, e dunque dei dolori che abbiamo patito:
«Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scordiamoci il passato, siamo a Napoli paisà!», cantano i napoletani. Per costoro, il passato è pomodoro, e il passato remoto è semplicemente pomodoro andato a male.
 “ A volte possono mancare perfino due dei tre termini: generalmente, in questi casi, non si tratta di popoli, ma di particolari categorie di persone. Gli amanti, ad esempio. C’è l’innamorato che vive in un presente senza tempo. C’è chi è stato lasciato e vive nel ricordo di un amore irripetibile. C’è infine il sognatore, l’idealista che è dentro di noi e vive nell’attesa del grande amore, chissà mai quando verrà. ”